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Immagine del redattoreFabrizio Quintili

Differenze tra coaching e psicoterapia

Aggiornamento: 22 ago


Due porte affiancate, con colori e disegni differenti
Coaching e psicoterapia sono strumenti differenti per obiettivi differenti

C’è un mantra che sento ripetere spesso nell’ambito del coaching, e cioè “il coaching non è psicoterapia”. Se però si cercano informazioni su questo concetto (verissimo peraltro) non è per niente facile trovarle. Eppure la questione è assolutamente fondamentale.


Ecco il mio punto di vista sul tema.


Come psicologo e coach ritengo fondamentale questa distinzione e ritengo necessario mettere queste differenze nero su bianco, come una sorta di manifesto. A tutela dei clienti, a tutela del coaching e a tutela della psicoterapia.


Ci provo.


Il coaching si differenzia dalla psicoterapia per almeno questi fattori essenziali:

- esigenze espresse dalla persona

- frequenza

- tecnica professionale

- risultati.

Vediamole una per una.


La persona che fruisce un percorso di psicoterapia è detta “paziente”. La persona che fruisce un percorso di coaching è detta “cliente”.

Esigenze espresse dalla persona

Anzitutto la terminologia: la persona che fruisce un percorso di psicoterapia è detta “paziente”; la persona che fruisce un percorso di coaching è detta “cliente”.

La differenza tra questi termini definisce anche il livello di presa in carico da parte del professionista.


Il termine “paziente” deriva dal verbo latino patire, che significa soffrire, sopportare. Un paziente è quindi una persona che soffre, ma anche che ha pazienza. Infatti, da patire deriva anche la parola pazienza. La sofferenza definisce, dunque, una presa in carico totale e la capacità da parte del professionista psicoterapeuta di condivisione empatica.


La relazione è una vera e propria relazione di aiuto (il paziente, figurativamente, si appoggia totalmente sul professionista). Il paziente, dunque, vincolato dalla propria sofferenza (e pertanto non completamente libero) si appoggia in maniera dipendente al professionista.


Il termine “cliente”, invece, identifica oggi la persona che compra un bene o un servizio. Nell’antica Roma la parola “cliens” indicava la persona libera che si poneva sotto la protezione di un cittadino potente (patrono), assicurandogli in contraccambio il proprio favore elettorale.


Dunque, figurativamente il cliente, persona libera, può scegliere il proprio patrono-professionista assicurandogli in contraccambio la propria fidelizzazione. L’enfasi, qui, è sul termine persona libera, autonoma, non vincolata da una forma di sofferenza costrittiva.


Dunque, le esigenze espresse dal “paziente” e dal “cliente” sono diverse e rivolte a servizi diversi.


Esistono problemi di comportamento che impediscono di affrontare efficacemente gli ostacoli posti dalla vita quotidiana (relazioni affettive, relazioni amicali, lavoro, vita sociale).

Lo psicoterapeuta svolge una attività di riabilitazione, un po' come fa il fisioterapista quando lavora sugli arti offesi che impediscono il ritorno alla vita normale. Esistono problemi di comportamento che impediscono di affrontare efficacemente gli ostacoli posti dalla vita quotidiana (relazioni affettive, relazioni amicali, lavoro, vita sociale).


La tristezza intensa e persistente che impedisce di vivere il quotidiano può essere depressione, un problema bloccante. La paura intensa ricorrente e persistente verso qualcosa e che fa perdere il controllo di sé diventando panico può essere fobia, un problema bloccante. Il timore generalizzato verso qualcosa di indefinito, se intenso e persistente, tale da togliere il sonno e la serenità può essere ansia. La reazione emotiva incontrollata (pianto, euforia o rabbia eccessiva) rispetto alle medesime situazioni quotidiane che si ripetono nel tempo, può nascondere un atteggiamento nevrotico e diventare un problema bloccante.


Insomma, l'attività di riabilitazione interviene quando ci sono comportamenti e reazioni emotive bloccanti, ossia che impediscono alla persona di affrontare efficacemente e con gratificazione la vita quotidiana.


Nel coaching i nostri clienti sono persone che hanno già conquistato la loro autonomia di persone adulte e capaci di muoversi nel mondo.

Il coach, invece, intervenendo su una richiesta di sviluppo di potenziale agisce come farebbe un allenatore. Nel coaching i nostri clienti sono persone che hanno già conquistato la loro autonomia di persone adulte e capaci di muoversi nel mondo.


A livello di contenuto, il focus del coaching è sulla ricerca delle soluzioni, in termini di azioni concrete che modificano la realtà attuale verso la realtà desiderata:

• la soluzione deve contribuire al benessere a breve, medio e lungo periodo, deve essere etica (nel senso di non lesiva nei confronti degli altri) e concretamente realizzabile con le proprie risorse;

• la finalità è diventare esperti della soluzione (solution oriented), piuttosto che del problema (problem oriented);

• il focus del coaching è l’azione concreta (a differenza della psicoterapia, il cui focus è invece la relazione).


Terminologia: nel coaching si usa il termine “sessione” (in linea con il concetto di “cliente”) e non “seduta” (in linea con il concetto di “paziente”).

Frequenza delle sessioni e tempo per ottenere risultati visibili

Terminologia: nel coaching si usa il termine “sessione” (in linea con il concetto di “cliente”) e non “seduta” (in linea con il concetto di “paziente”).


La psicoterapia ha bisogno di una presenza costante che garantisca uno spazio di cura in cui l'individuo viene totalmente preso in carico all'interno di un contesto definito, che sia sempre lo stesso, per un numero molto alto di volte (setting).


La psicoterapia fa proprio della continuità degli incontri e dell'intimità degli incontri uno strumento di intervento perché scopo della psicoterapia è proprio quello di attivare dinamiche psicologiche che riguardano il nostro attaccamento e i nostri sentimenti profondi (nella maggior parte degli orientamenti).


Una psicoterapia dura dai venti incontri in su, fino a diversi anni. Questo perché per modificare quegli aspetti del comportamento descritti nel paragrafo precedente ci vuole molto tempo e costanza.


Per onore di cronaca, esistono modelli di psicoterapia cosiddetta “breve” che riducono il numero degli incontri anche a 6. Rimango del parere che se si vuole fare un lavoro psicoterapeutico solido occorre un lavoro molto più lungo in termini di tempo.


Il numero di sessioni di coaching varia, invece, da 4 a 12. Questo numero non è un vincolo rigido, ma va inteso come numero massimo di sessioni entro il quale il percorso sarà concluso.

L’intervallo tra una sessione e l’altra (frequenza) è di 15-20 giorni, ossia circa 2 sessioni al mese per un percorso che dura dai 3 ai 6 mesi. La durata di una singola sessione è di circa un’ora e mezza.


Perché questa durata del percorso e questa frequenza tra una sessione l’altra? Proprio perché è fondamentale nel coaching mantenere e incrementare l’autonomia del cliente, evitando di creare le condizioni per l’insorgere di dinamiche di dipendenza.


La finalità della tecnica psicoterapeutica è permettere al cliente di costruire o ricostruire la propria autonomia nel mondo persa proprio a causa dei problemi bloccanti portati in terapia.

Tecnica professionale

Le tecniche psicoterapeutiche sono tante e variano in base alla scuola di riferimento dello psicoterapeuta. Ad esempio la scuola psicoanalitica è completamente differente dalla scuola cognitiva, o sistemico-relazionale, o dalla gestalt, o dalla bioenergetica.


A prescindere dall’orientamento, ad ogni modo, il processo è l'interpretazione in riferimento ad un modello psicologico (del comportamento, del pensiero o dei processi inconsapevoli).


Ossia lo psicoterapeuta durante la seduta da una lettura del comportamento del paziente basata sul transfert (psicoterapia dinamica) o sui processi mentali (psicoterapia cognitiva), o su altro (per esempio processi corporei) a seconda dell'approccio. La finalità è permettere al cliente di costruire o ricostruire la propria autonomia nel mondo persa proprio a causa dei problemi bloccanti portati in terapia.


A livello di focus la psicoterapia si concentra prevalentemente sulla relazione, sui sentimenti profondi, sulle simbolizzazioni affettive, sulle associazioni di idee, sui meccanismi di difesa che ci “bloccano” di fronte agli eventi.


Il colloquio di coaching è finalizzato a stimolare la creatività del cliente, a stimolare un cambio di prospettiva che consenta alla persona di usare le proprie risorse per affrontare gli ostacoli e costruire soluzioni.

Anche nel coaching esistono numerosi approcci e tecniche differenti. Il colloquio di coaching è finalizzato a stimolare la creatività del cliente, a stimolare un cambio di prospettiva che consenta alla persona di usare le proprie risorse per affrontare gli ostacoli e costruire soluzioni.


Il focus del coaching è la responsabilità (lo stato dell'io adulto), la capacità di dare senso, l’autonomia. La metodologia accompagna il cliente ad usare la propria autonomia e creatività per incrementare la soddisfazione e raggiungere i risultati desiderati.


Un punto essenziale nel coaching è la misurazione dello stato attuale e dei progressi verso lo stato desiderato.

Un punto essenziale nel coaching è la misurazione dello stato attuale e dei progressi verso lo stato desiderato. La misurazione permette al cliente di verificare da sé i progressi, proprio perché si vuole incrementare il senso di autonomia e autoefficacia.


Risultati

Per alcuni versi i risultati potrebbero sembrare sovrapponibili. Per la psicoterapia: stare bene con sé stessi e con gli altri, ritrovare serenità ed equilibrio, ricostruire o riprendere ambiti di vita prima poco accessibili, maggiore accettazione di sé (sia punti di forza, sia aree di miglioramento), migliore gestione del proprio comportamento, ecc.


Questi risultati possono essere ascritti anche ad un percorso di coaching, ma non solo e soprattutto, in realtà, sono risultati diversi.


Ricordiamoci la differenziazione tra “paziente” e “cliente”. Il paziente viene da una situazione di difficoltà forte che ha causato sofferenza psicologica. Non stiamo parlando di “psicopatologia mentale psichiatrica”, che è un altro paio di maniche. Stiamo parlando, però, di una situazione problematica forte.


Il cliente del coaching viene da una situazione di frustrazione e di sensazione di inefficacia, ma non tale da causare sofferenza psicologica intensa e prolungata.

Il cliente del coaching viene da una situazione di frustrazione e di sensazione di inefficacia, ma non tale da causare sofferenza psicologica intensa e prolungata. Come esseri umani sperimentiamo costantemente alti e bassi nella vita, ma quando c’è bisogno della psicoterapia i bassi sono molto bassi e difficilmente si riesce ad accedere alla serenità e soprattutto agli “alti”.


In estrema sintesi, quindi, il cliente del coaching si porta a casa due cose: un accresciuto senso di autoefficacia e un risultato concreto desiderato (ad esempio avviare una nuova attività lavorativa, incrementare le proprie performance, prendere una decisione difficile, concludere gli studi con successo, espandere la propria attività imprenditoriale, ecc).


E quindi, alla fine dei conti come faccio a sapere se ho bisogno di un Coach o di uno psicoterapeuta?

Le persone che richiedono un percorso di coaching non solo non hanno la consapevolezza necessaria per capirlo, ma è del tutto legittimo che non siano dovute a farlo. È il professionista che, basandosi su criteri solidi, può e deve farlo.


È raro, ma può succedere, che una persona che necessita di un percorso psicoterapeutico per risolvere le proprie problematiche si rivolga ad un coach.


Cosa succede in questo caso?

Succede che il coach professionista, generalmente dal colloquio preliminare o entro i primi incontri, prenda coscienza di questo e quindi rifletta assieme al cliente e con la massima delicatezza, sulla possibilità di prendere in considerazione di rivolgersi ad una consulenza psicologica.


Psicoterapia e coaching sono due servizi diversi e servono a finalità diverse. Non sono sovrapponibili o intercambiabili l’una con l’altra.

Psicoterapia e coaching sono due servizi diversi e servono a finalità diverse. Non sono sovrapponibili o intercambiabili l’una con l’altra. Una persona che ha un problema bloccante può beneficiare solamente per un brevissimo tempo dei risultati di un percorso di coaching.

Può ottenere dei risultati, ma questi non incideranno in maniera decisiva, né a lungo termine, sul problema bloccante. In questo caso fa parte dell’etica professionale del coach fare presente in maniera chiara questa fattispecie al cliente per guidarlo a trovare il professionista più opportuno per la soluzione delle proprie difficoltà.


Nella mia attività professionale da coach, su 100 clienti mi è capitato due volte di accompagnare il cliente verso la presa di consapevolezza della propria difficoltà e dello strumento più opportuno per imparare a gestirla e a superarla.


Nel Codice Etico ICF questa fattispecie è indicata nella sezione prima, articolo 8: “Sono attento ai segnali che potrebbero indicare che è mutato il valore ricevuto dal cliente nella relazione di coaching. Se ciò si dovesse verificare, modifico la relazione o invito il/i Cliente/i e Sponsor a cercare un altro coach, un altro professionista o di usare un metodo diverso.


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